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Immagine del redattoreCSTA | Servizi

Riscaldamento globale e clima, verso il 2030

Secondo molti climatologi entro il 2100 la temperatura della Terra potrebbe aumentare da 2 a 4 gradi. L’essere umano, purtroppo, è il principale artefice di questo riscaldamento. Per provare a ridurre gli effetti dei cambiamenti climatici, l’Unione europea si impegna a ridurre le emissioni di CO2 del 55% entro il 2030. Un impegno fondamentale anche se ancora non sufficiente.

In un mondo sempre più flagellato dagli effetti dei cambiamenti climatici, l’Unione Europea si è impegnata a ridurre le emissioni di anidride carbonica del 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, per poi procedere con l’obiettivo di neutralità climatica entro il 2050. Un ulteriore passaggio intermedio è l’istituzione di un Comitato consultivo scientifico europeo indipendente sui cambiamenti climatici e un obiettivo intermedio da raggiungere per il 2040. L’accordo dovrà essere definitivamente approvato dai diversi Paesi membri e dalla plenaria dell’Europarlamento.


Perché è così importante ridurre le emissioni?

I dati a disposizione lasciano ormai pochi dubbi. La Terra si è riscaldata con una media di 0,74 °C solo nel secolo passato e l’essere umano è il principale artefice. Secondo molti climatologi entro il 2100 la temperatura potrebbe aumentare da 2 a 4 gradi se non si interverrà con politiche ben mirate ed efficaci. Come è ormai tristemente noto, la causa principale del surriscaldamento climatico è il continuo aumento di gas che contribuiscono al cosiddetto effetto serra. Senza l’effetto serra naturale, la Terra avrebbe una temperatura invivibile di -18 °C. I gas serra permettono alla luce solare a onde corte di filtrare liberamente fino alla Terra. Queste vengono poi parzialmente assorbite dalla superficie terrestre, che poi le rilascia nell’atmosfera sotto forma di calore. I gas serra impediscono però l’irradiazione del calore a onde lunghe nello spazio; in questo modo la superficie terrestre e gli strati inferiori dell’atmosfera si riscaldano.

I gas serra principali che contribuiscono al riscaldamento sono sei. L'anidride carbonica (CO2), dall’inizio dell’industrializzazione, è aumentata quasi della metà anche a causa dell’uso dei carburanti e combustibili per i mezzi di trasporto e i sistemi di riscaldamento. Il metano ha registrato un incremento della sua concentrazione del 250%. Sono soprattutto gli allevamenti di bestiame, l’irrigazione delle risaie, l’estrazione di petrolio, gas e carbone e le discariche di rifiuti a produrlo. L’N2O – gas esilarante incide per il 6% circa sul riscaldamento globale e contribuisce indirettamente anche alla distruzione dello strato di ozono. È generato principalmente dall’agricoltura intensiva, ma è anche un sottoprodotto della combustione di combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone) e biomassa (incendi appiccati per dissodare i terreni ai tropici). SF6 – esafluoruro di zolfo, l’esafluoruro di zolfo è tra i gas serra che hanno maggior impatto sul clima. Utilizzato come isolante nella tecnica delle alte tensioni, resta nell’atmosfera per oltre 3000 anni. Grandi quantità di gas si generano dalle tecniche di produzione del magnesio e dalla fabbricazione di semiconduttori. Infine troviamo i PFC e HFC, i perfluorocarburi (PFC) e gli idrofluorocarburi (HFC) utilizzati principalmente nella tecnologia del freddo (impianti di condizionamento), nella realizzazione di schiume sintetiche, come isolanti elettrici, nella produzione di alluminio e di semiconduttori e come propellenti per le bombolette spray. Insieme questi due gas serra sintetici sono responsabili di piccole percentuali dell’effetto serra. Queste sostanze sono però problematiche perché restano nell’atmosfera a lungo: la loro eliminazione richiede diverse centinaia o addirittura migliaia di anni.

Gli incendi di questa estate sono stati deleteri, non solo perché hanno distrutto 3 milioni di ettari di foreste, ma hanno anche provocato emissioni di gas serra pari al 4,2% di quelle globali del 2020. L’Italia, rispetto a Canada, Grecia, Turchia e Siberia, conta danni più contenuti, ma ha superato ampiamente il quantitativo di boschi andati in fumo lo scorso anno. Nell’estate 2021 i boschi incendiati sono stati circa 55 mila ettari.

Gli obiettivi chiave in vista del 2030 saranno, dunque, determinanti. La riduzione almeno del 40% delle emissioni di gas a effetto serra (rispetto ai livelli del 1990), una quota del 32% di energie rinnovabili e un miglioramento del 32,5% dell'efficienza energetica sono i prossimi passi.

L'UE ha anche adottato norme integrate per garantire la pianificazione, il monitoraggio e la comunicazione dei progressi compiuti verso il conseguimento dei suoi obiettivi in materia di clima ed energia per il 2030 e degli impegni internazionali assunti nel quadro dell'accordo di Parigi.

Mentre il mondo discute e brucia, quello che è chiaro a tutti è che dobbiamo intervenire adesso. Domani sarà troppo tardi.

 

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